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Il fine dining ancora cresce, mentre soffre un po’ di più il comparto popular, questo dice lo studio Pambianco

Come sta la ristorazione in Italia? Beh, per l’Ufficio studi di Pambianco, in estrema sintesi, il fine dining ancora cresce mentre soffre un po’ di più il comparto popular. Al di là della congiuntura che sta attraversando questa fase storica, che fa emergere le criticità, legate soprattutto all’inflazione, l’alta ristorazione continua a crescere. Inoltre dallo studio è in atto anche una scrematura di mercato per i format più alla portata delle tasche italiane.


Il Fine diving ancora cresce


Stando ai dati il 2022 si è rivelato un anno record per la ristorazione con un rimbalzo in tutti i segmenti, tanto che il fine dining vola e i cosiddetti format più pop hanno e stanno recuperando dalla fase, durissima, del post lockdown. Alla luce di questo trend il 2023 si delinea in maniera differente, più in chiaroscuro diremmo. Oggi infatti pesa l’instabilità geopolitica, l’incremento dei costi che ha portato maggiore inflazione, e di conseguenza l’impatto sulla ristorazione è stato inevitabile. Come la storia recente insegna, però, la fascia alta ha risentito meno del rallentamento generale. Non così per le realtà più accessibili che invece hanno risentito, inevitabilmente, dell’aumento del costo della vita.

L’alta ristorazione va

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Lo studio fotografa un fine dining che ancora cresce nel 2023 con spinta importante dopo un 2022. I ricavi nei primi cinque mesi di quest’anno, infatti, si attestano con una crescita importante: +64%. Al vertice la galassia Langosteria, che ha archiviato un 2022 a 28,2 milioni di ricavi, a fronte dei 19,4 milioni del 2019. Se si guarda al giro d’affari complessivo del gruppo in capo a Cheval Blanc Paris per Langosteria Parigi, il valore si avvicina ai 40 milioni di euro. Considerando i nuovi progetti messi a terra quest’anno, il volume di giro d’affari di tutto il gruppo, inclusi i ristoranti di Parigi e St Moritz (aperto nel 2023), dovrebbe salire ulteriormente con una previsione oltre quota 56 milioni. Da Giacomo, forte di un 2022 con fatturato quasi triplicato che si è attestato sui 19,8 milioni contro i 7,7 milioni del 2019, spinge sull’internazionalizzazione. Inoltre c’è la firma modenese della galassia orbitante attorno alla firma di Massimo Bottura che, puntando anche sui nuovi progetti, vede le sue società balzare dagli 11,3 milioni del pre-Covid ai 18,2 milioni del 2022. Infine bene fa pure il Gruppo Alajmo. Dopo un 2022 che ha visto un sorpasso sul pre-Covid, con il raggiungimento di un fatturato complessivo di 16 milioni, la proiezione per l’esercizio in corso va verso i 20 milioni.

Complessità crescenti per i “commerciali”

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A differenza della ristorazione top, fattori interni e incertezze internazionali hanno avuto una influenza diretta sul mondo della ristorazione popolare.

Il mangiare fuori-casa ha vissuto nel 2022 una rapida risalita dopo la débâcle dei lockdown, spingendo i ricavi dei principali protagonisti a sfiorare il pareggio sul dato 2019 (1.262 milioni contro i 1.273 pre-pandemia per i top 5), pur con marginalità meno solide.
Guardiamo i gruppi principali. Su tutti svetta il Gruppo Cremonini che nel primo semestre 2023 trova ricavi in crescita rispetto allo stesso periodo del 2022. L’anno scorso la divisione ristorazione del gruppo aveva recuperato le performance del 2019, riportando su livelli soddisfacenti i ricavi. Si parla, infatti, rispettivamente di 636 e 662 milioni di euro. Nella top cinque l’altro colosso, Cigierre, nel 2022 ha quasi raggiunto il dato 2019 (386 milioni di ricavi in ristorazione rispetto ai 388 pre-pandemia) e a fine anno pronosticava un 2023 in crescita, tanto da annunciare una previsione di 550 milioni, ma la seconda parte dell’anno potrebbe indurre a tirare il freno a mano all’ottimismo.

Anche My Chef Ristorazione ha recuperato meno, chiudendo il 2022 a 143 milioni (26 in meno del 2019), facendosi quasi raggiungere da La Piadineria, che sembra il player con più chance anche se per noi margini di miglioramento, qualitativi, ne ha ancora parecchi da fare. Il gruppo ha infatti chiuso il 2022 a 139 milioni di fatturato consolidato, superando con decisione i 98 milioni del 2019 (pur con ebitda sceso dal 31% al 22%), e quest’anno sembra tenere un buon passo.

Chiude, con un distacco reso più netto dall’evoluzione dell’ultimo biennio, Vera Ristorazione: dopo aver archiviato il 2019 con 74 milioni di fatturato, il recupero è stato lento e complesso, tanto che nel 2022 ha chiuso a 58 milioni e riportato la marginalità in attivo.

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