In primis, l’annata
Per sapere cosa riserverà il calice con bottiglie del 2021 fotografiamo l’annata, dal punto di vista climatico. Stiamo parlando, in primis, di una produzione che ha raggiunto i 265.000 ettolitri. L’andamento stagionale è stato regolare. Piogge a primavera hanno permesso di affrontare l’estate con tranquillità. Un’estate asciutta senza sbalzi termici eccessivi e senza ondate di calore con solo qualche sporadica pioggia nel mese di agosto. Bella l’escursione giorno-notte sul finire dell’estate che ha portato alla naturale maturazione delle uve e vendemmia sul 20 settembre.
Giudizio
Partiamo dalla fine. Il giudizio dei 65 campioni assaggiati nell’anteprima del Chianti classico, riferiti all’annata 2021 dove tra questi erano presenti anche diverse prove di botte, è chiaro: sorsi diretti, a tratti taglienti, corti (ma questo non significa meno complessi e soddisfacenti) con tannini ancora acerbi ma comunque mai fastidiosi, e una speziatura che vira sulle mille sfumature del balsamico. Di fatto si potrebbero definire: a pronta beva. Sono bevute a loro modo fresche e dissetanti. Gastronomiche nella forma generale ma anche “immediate” nella loro capacità di interpretare uno stile che sta progressivamente puntando alla purezza del Sangiovese. Al corpo, infatti, si predilige la bevibilità, alla complessità terziaria una freschezza tagliente e balsamica. Dei 65 campioni 25 sono di solo Sangiovese e una quarantina quelli in blend (Canaiolo, Colorino, Malvasia Nera, Merlot, Cabernet Sauvignon i principali tagli). Importante anche la crescente rivendicazione del biologico con 34 foglioline verdi.
Non facciamo classifiche e non diamo punteggi ma alcuni sorsi che, per il 2021, mi son rimasti nella mente credo sia giusto menzionarli:
Per la loro eleganza: Carpineto (90% Sangiovese, 10% Canaiolo), Castello Vicchiomaggio – Guado Alto (100% Sangiovese), Cigliano di Sopra (100% Sangiovese – Biologico), Guidi (90% Sangiovese, 5% Malvasia nera, 5%Merlot).
Per la capacità dissetante: Montesecondo (90% Sangiovese, 5% Canaiolo, 5% Colorino – Biologico), Querceto di Castellina – L’Aura (100% Sangiovese – Biologico), Rocca delle Macìe (95% Sangiovese, 5% Merlot).
Per la loro intrigante forma: Ricasoli – Brolio (95% Sangiovese, 5% Colorino), Monte Bernardi – Retromarcia (100% Sangiovese – Biologico) e Villa Sant’Andrea (95% Sangiovese, 5% Merlot).
Dal passato
Intanto che c’eravamo un tuffo nella grammatica del sorso del recente passato non è mancato. Abbiamo così assaggiato diverse Gran Selezione (2020, 2019, 2018, 2017, 2016, 2015 e 2013). Stiamo parlando del vertice della piramide del Gallo nero. Oggi i produttori di Chianti Classico Gran Selezione sono 164, e le etichette 203. Il 2022 ha visto il 30% di vendite in più rispetto all’anno precedente. Adesso le cose stanno per prendere una nuova strada visto che il Consorzio aumenterà la percentuale minima di Sangiovese ammesso (da 80% a 90%), l’ammissione dei soli vitigni autoctoni come complementari e la possibilità di inserire in etichetta una delle nuove Unità Geografiche Aggiuntive.
Tiriamo le somme
Delle sette annate proposte possiamo dire subito che sono vini da palato allenato. Non sono sorsi immediati, bensì complessi, evoluti, aristocratici. Note speziate si accompagnano a tannini praticamente sul velluto. Richiami di terzietà fresche (tabacco, mallo, anice stellato, pepe, liquirizia, chinotto) ma con bevute lo stesso nette, dritte, a loro modo fresche.
A modi spot potemmo riassumere la 2020 come l’annata per l’appassionato con ancora una nota agrumata e verde spiccata, la 2019 un’annata del curioso in cui l’espressività del vino tende a rimanere chiusa tra una spezialità in maturazione e una acidità spiccata, la 2018 quella per l’affezionato in cui note fruttate ancora sorreggono un equilibrio già fortemente granato. La 2017 è per il cultore in cui il lessico organolettico si sviluppa tra i binari dell’infinito e del materico, la 2016 è sicuramente per il romantico, vini che ancora si presentano a petto in fuori con un equilibrio perfetto tra corpo, freschezza ed equilibrio. Infine la 2015, per quei campioni assaggiati, è la scelta ideale per il collezionista che ancora pretende complessità, struttura e vivacità mentre la 2013 è sicuramente per l’aristocratico, cioè per chi se lo può permettere, e non ne rimarrà deluso per timbrica e potenza…