Sono la Pastinaca di Capitignano e la Cipolla di Bagno i due nuovi Presìdi Slow Food in Abruzzo. In questo modo sale a 20 il numero di prodotti tutelati da Slow Food nella regione.
Nel recuperare le colture, soprattutto nelle aree interne, si concretizza un valore molto importante: ripristinare terreni abbandonati ma anche restituire al futuro memorie contadine. Questo è quanto successo con la pastinaca di Capitignano e la cipolla di Bagno, i due nuovi Presìdi istituiti nella fascia interna dell’Aquilano: un tubero e un bulbo mai del tutto scomparsi dagli orti dei contadini che oggi puntano a rigenerare l’agricoltura locale.
Il legame degli abitanti di Capitignano con la loro terra ha radici ben profonde e un nome preciso: pastinaca. Sulle origini di questo tubero c’è chi parla di archeologia orticola, sarebbe stato diffuso infatti in tutta Europa dai Romani, importandolo dalla Germania. A Capitignano, la pastinaca ha sviluppato nei secoli un ecotipo a sé, diverso dagli altri presenti sul mercato per il sapore dolce, il colore più tendente al giallo e la presenza di ramificazioni laterali.
Nel borgo montano di circa 600 abitanti ricompreso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, la pastinaca non è mai mancata dagli orti domestici. La sua coltivazione si è progressivamente ridotta, a causa dell’introduzione della patata , ma anche della gestione delicata della pastinaca: il terreno deve essere morbido e drenato, le piantine vanno prima diradate e poi, una volta raccolte, pulite con cura.
«L’abbiamo fatta riassaggiare ai nostri compaesani perché tanti non ricordavano nemmeno che sapore avesse. Ma la memoria gustativa ha fatto la sua parte: molti di loro sono tornati bambini, richiamando gesti e sapori di famiglia. Come il cenone della vigilia di Natale, che secondo la tradizione a Capitignano prevede sette portate vegetali, pastinaca inclusa».
Oggi il Presidio riunisce alcune decine di produttori
Arriva da Bagno, frazione della città dell’Aquila, il nuovo Presidio dedicato alla cipolla, il secondo nella regione dopo la cugina bianca piatta di Fara Filiorum Petri, nel Chietino. Leggermente schiacciata, dalla buccia dorata e la polpa compatta e bianca, quasi trasparente, la cipolla di Bagno ha un sapore dolcissimo tanto che un tempo veniva data ai bimbi come merenda, cotta sotto la brace, aperta e spolverata di zucchero.
«La cipolla è da sempre una specialità rinomata nella zona: gli anziani produttori erano gelosi dei semi, li custodivano come un tesoro e li scambiavano solo tra di loro. I coltivatori continuano a irrorare la cipolla solo con l’acqua dei due laghi locali San Raniero e San Giovanni perché è più pulita, e nessuno permette ad altre varietà di cipolla di andare in fioritura, per scongiurare il rischio di ibridazione».
Tra gli obiettivi dei due gruppi di produttori, c’è anche quello di valorizzare i trasformati. Per la cipolla si pensa a creme che consentano di ovviare alla deperibilità del prodotto, più veloce rispetto ai bulbi convenzionali; per la pastinaca sono già stati sperimentati i patè ottenuti dai fittoni, per ridurre al minimo lo spreco.