Granitico, ovvero saldo, tenace, duro ma “respirante”. E’ da queste caratteristiche fisiche della materia che nasce uno dei sorsi più entusiasmanti assaggiati in questa prima metà del 2024. Granito dalla terra all’abbraccio fermentativo. Un filo rosso che caratterizza la genesi e la texture del gusto di Granit 960.
Granit 960 della Valle Isarco, quando la pietra diventa abbraccio e tensione verticale per sorsi che parlano del terroir d’Alto Adige.
Di fatto è l’ultimo nato, nelle referenze premium della Cantina Valle Isarco, in cui il sorso si declina nelle stilettate verticali e fiere del Kerner.
Un vino magistrale, per non dire monumentale, che dal respiro al sorso parla di territorialità nella sua accezione più autentica, vera, filologicamente reale. Ne è essenza e estratto di terroir. E’ una scultura enoica che è anche scommessa alta e altra per questa cooperativa che da anni, ormai, sa far parlare l’Alto Adige attraverso vini e referenze capaci di narrare un’identità antica quanto contemporanea.
Granit 960 ha una personalità veramente unica. Nasce da vigne in cui questa pietra è presente e matura in un contenitore unico al mondo. Una tank da 960 litri scolpita da un blocco singolo di granito della Valle Isarco. Si parte da circa 20 tonnellate per arrivare a una vera e propria scultura incava che abbraccia la fase terminale e creativa del sorso.
Vendemmia annata 2020 viene affinato un anno nella “botte” di granito, per passare poi un altro anno in un altro contenitore neutro, questa volta l’acciaio, per concludere il suo viaggio almeno per altri diciotto mesi in bottiglia.
Tre sono le caratteristiche della carta d’identità enoica di questo capolavoro alpino: mineralità, sapidità e tanta complessità. In più se ci si mette anche la certa, quasi granitica, tanto per rimanere in tema, certezza di una tenuta nel tempo straordinaria, ecco che allora il poker è servito. Ci troviamo di fronte a quello che lo scultore Bruno Catalano, in un gioco di manipolazione della geografia dello spazio e della prospettiva ha creato con i suoi laceranti e lacerati “Viaggiatori”.
Appare subito brillante e fiero nella sua intensità cromatica che arriva a respirare tonalità fresche, glaciali, alpine appunto. C’è la freschezza aromatica dell’agrume che gioca su un letto di fiori bianchi di campo. Una passeggiata sulla lingua del ghiacciaio in primavera dove spiccano e spuntano le sottili ma caratteristiche timbriche di erbe alpine. C’è anche una piacevole brezza di salsedine che gioca sul rimando di tropicalità acerba.
Un vino che è si gastronomico, soprattutto sul pesce crudo, su imprinting fusion o sapori nippo-mediterranei, ma che se gustato in assolo non stanca mai.
Chapeau!
Prezzo, da luglio e per sole 500 bottiglie e in enoteche super selezionate, a 130 euro a bottiglia.