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Aristos sorsi dall’Alto Adige. Tre le referenze della linea, Riesling, Kerner e Sylvaner rappresentano l’icona del terroir alpino

Cosa significa per un vino essere iconico? A questa domanda credo che la risposta possa essere facilmente trovata assaggiando la linea Aristos della Cantina Valle Isarco. Siamo in Alto Adige dove questa storica e visionaria cooperativa di produttori opera da oltre sessant’anni. I numeri parlano chiaro: fondata nel 1961 da 24 famiglie oggi i soci sono 135 che coltivano 150 ettari di vigneti in 11 Comuni, da Bolzano fino a sud di Bressanone (Varna, Bressanone, Funes/Tiso, Velturno, Chiusa, Laion, Castelrotto, Villandro, Barbiano, Fié e Renon). Ogni anno vengono prodotte 950 mila bottiglie che rappresentano 14 varietà (10 bianche, 4 rosse), per un totale di 29 etichette.

Essere iconici, quindi, significa saper interpretare e trasmette in modo chiaro, immediato, figurato ma anche e soprattutto concreto tutto un complesso di simboli, valori e idee. Ecco allora che la linea Aristos vuole e riesce ad essere iconica. In tutte le sue sfaccettature, infatti, in quelle bottiglie c’è il sorso alpino. Dalla vigna alla cantina, passando attraverso il savoir faire dei vignaioli, è l’essenza liquida dell’Alto Adige. Sono sorsi che si stagliano verticali, sapidi ed eleganti. Sono monumenti viventi all’eroismo di chi non ha voluto lasciare la Montagna ma anzi si è fatto abbracciare da essa. Risultato di sudore e fatica, di investimenti e rischi che oggi permettono a questi vini di parlare un linguaggio enoico identitario, vero e autentico.

Aristos sorsi dall’Alto Adige

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All’interno della produzione di Valle Isarco c’è la linea Aristos. Etichette che rappresentano i vitigni più importanti portando il sorso alla massima espressione delle tipicità varietali e del territorio estremo in cui vengono coltivate. La linea Aristos è composta da 9 vini bianchi e 1 vino rosso per un totale di 100 mila bottiglie l’anno. Per garantire la massima qualità le rese sono bassissime (vanno da 25 hl a 50 hl per ettaro). In questo caso ne racconterò tre: Riesling, Kerner e Sylvaner tutti sono annata 2022.

Tre le referenze Riesling, Kerner e Sylvaner


L’annata 2022 è stata inconsueta ma interessante. In generale, durante l’anno le temperature, sono state alte, portando la gradazione zuccherina a un livello più elevato del consueto. In estate la valle è stata meno colpita da calore e siccità e nei giorni della vendemmia si è potuto beneficiare di notti fresche e significative escursioni termiche. Come ormai sta accadendo da tempo anche qui la vendemmia è iniziata circa dieci giorni prima rispetto agli altri anni.

Sylvaner 2022


E’ la prima delle “Tre cime” assaggiate. Si presenta subito brillante e vivace nel colore. Un dinamismo che esplode nel respiro. Una passeggiata primaveril-estiva all’ombra delle Alpi. Tra aromi di frutta a polpa gialla, anche con un delicato tocco di tropicalità acerba, è però il richiamo esplosivo della mela il vero simbolo indiscusso di questo vino. Il sorso è verticale ma con una trama carezzevole. Spicca su tutti la sapidità e la sua eleganza in chiusura su una nota minerale e amaricante che si allunga sul finale freschissimo. Un sorso elegante e fiero che lo potremmo definire dolomitico.

Kerner 2022


È prodotto con uve Kerner in purezza, vendemmiate a mano a completa maturazione. Versando nel calice spicca la sua vibrante brillantezza che vira su sfumature verdoline. Il respiro è invece un abbraccio alla tensione aromatica. Mai stucchevole e sovra spinta. Anzi, le sferzate d’agrume di lime e di fresche erbe aromatiche che s’arricchiscono con tocchi profumati di fiori di campo, si alternano a pennellate di speziature piccanti, quasi di noce moscata. Il sorso è fierezza e spinta verticale. Più che un fioretto una sciabola. Un vino secco e pieno, dinamico e strutturato, che si caratterizza anch’esso per sapidità e giusta freschezza. Chiude lungo e “pizzicoso” grazie all’eco di spezia.

Riesling 2022


E’ stato il sorso più apprezzato. Il monte Bianco, anche se geograficamente non c’entra nulla con l’Alto Adige, tra le tre vette assaggiate. Un vino elegante e fiero. Un massiccio di complessità e verticalità. Una brezza minerale e fruttata che si fa sorso sapido e complesso. Appare timido alla vista, ma il suo respiro parla di esuberanza e fierezza. C’è tanto frutto a polpa gialla, c’è quel sentore particolare di “frutti dimenticati” ma soprattutto c’è la geologia, c’è il minerale, c’è la geologia che si fa voce di pietra, soprattutto nel sorso. Questo è eleganza allo stato puro. Finezza, freschezza, sapidità caratterizzano una trama netta e veloce che si allarga sul finale grazie a eleganti note speziate, comunque fresche. Note di spezie da grattugiare, quasi. Lungo e strutturato chiude fresco e inebriante. Un sorso veramente elegante e complesso.

P.s. Ah ovviamente sono vini dalla genetica propensione all’abbinamento in tavola, il problema è che si fa fatica a pensare di riuscire a portarli oltre all’antipasto, finiscono subito….

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