Il Trentodoc secondo Maso Martis, sorsi sartoriali di seta e velluto ci regalano l’eleganza della complessità…
Affacciata dal versante sinistro dell’Adige, con lo sguardo rivolto alla possente Trento, c’è una cantina che, come altre, sta offrendo sorsi che parlano, autenticamente, di territorio. Un prerequisito che potrebbe sembrare banale, oggi, per chi fa vino, ma la famiglia Stelzer-Giuriali, all’ombra del monte Calisio, ne cerca l’essenza rappresentativa in modo quasi speculare fin dal suo nascere.
Parliamo di una quarantina d’anni fa…
Se il Trentodoc, le bollicine che anno dopo anno stanno sempre di più conquistando critica e palati, in quanto icone e lame taglienti di terroir, c’è chi, come Maso Martis appunto, ha deciso di provare una variazione sul tema. Senza perderne l’essenza e la caratterizzazione ideale.
L’orografia, prettamente composta da roccia e bosco, è qui, ovviamente, verticale ma lo è lo fa con più volume e struttura. Quelle presenti in questa parte di Trentino, sono montagne relativamente alte, ma più che stilettate alla Val di Funes, sono più rotonde, appisolate, larghe… a loro modo boteriane. I suoli, a circa 450 metri, composti nella stragrande maggioranza dei casi da composizioni che partendo dalla roccia rossa trentina si declinano sul limoso e calcareo con scheletro, caratterizzano già da soli questa tensione laminare dei sorsi.
Ma non ci si è voluto fermare qui.
Va bene essere pedissequi, ma con stile, please…
Basti pensare che recentemente la famiglia ha acquistato una parcella, in cui dominano argilla e sabbia, da dove nasce, a 800 metri, uno sbarazzino e simpatico Muller Thurgau (fermo).
Un’altra caratteristica che scosta Maso Martis dai binari della spumantistica “tradizionale” trentina, è quella di aver utilizzato la grammatica del Pinot Noir e addirittura del Pinot Menieur in purezza.
Alla luce di questa cornice orografico-geologico-ampleografica, nasce la tela organolettica disegnata in controtendenza da Maso Martis.
Se già il Trentodoc rappresenta il futurismo della spumantizzazione italica, la famiglia Stelzer-Giuriali ne interpreta la corrente anti cartacopiativa.
In primis, dal base (brut) fino ad arrivare ai Monsieur e Madame, emerge immediatamente la “carezzevolezza” del sorso. Freschezza, mineralità, vetricalità sono le direttrici fondanti e fondamentali di tutta la produzione della realtà di Martignano. Il tutto arricchito da un grado di sensualità e rotondità più marcato. Si badi bene, niente a che fare con i “cugini” razionalisti franciacortini, ma sicuramente Maso Martis ha saputo fondere efficacemente la taglienza del sorso con la sensualità del corpo.
All’essenzialità estremizzata e alla silhouette da passerella anni ’90, si è così voluto vestire la produzione aziendale, con l’anima sartoriale d’Armani.
Tutti i vini a firma Maso Martis fanno respirare ed esaltano il sorso, non lo imbrigliano in canoni estetico-formali ripetitivi.
Lo si nota già a partire sulle referenze ferme. Con lo Chardonnay (se lo apri, finalmente con il tappo a vite, lo finisci troppo presto), con il nuovo Muller Thurgau (fotografia di un’idea sbarazzina e sorridente, ma con serietà nelle proprie visioni future) e anche con Incanto, uno Chardonnay che d’incanto non lo è solo di nome ma soprattutto di sorso. Si prosegue con il brut (18-24 mesi) fine ed elegante, crescendo con il sofisticato, nel senso di non banale e scontato, Dosaggio zero (Pinot Noir e Chardonnay con 36 mesi di riposo) per arrivare al più francofono di tutti, il Madame Martis Brut Riserva Millesimato, per decollare verticalmente con la limited edition in Dosaggio zero dello stesso.
Ma i due che trafiggono come una freccia scoccata da Cupido, sono il Monsieur Martis e l’Extra brut rosé millesimato.
Il Monsieur Martis è un vero signore. Parliamo del rosé 100% Pinot Meunier. Riposa 48 mesi nel suo giaciglio di lieviti. Questo riposo dona un gioco di sorso che spazia attraverso tre direzioni: lunghezza, larghezza e volume. E’ al contempo dritto ma capace di accarezzare il sorso allargandosi in altezza e rotondità. E’ cremosa croccantezza fatta vino. Ha un corpo di carne e passione in cui il frutto di sottobosco, fresco e acerbo, gioca a equilibrarsi con quelle note vegetali di macchia mediterranea e vegetalità. Poi arriva il suadente e aristocratico tocco fumèe. Un fiammifero in mano prima che scocchi la scintilla. Scintilla che divampa con l’acidità più marcata e quel tocco sapido che aiuta a renderlo ancora più croccante e fragrante.
E’ l’elogio della seta.
Prezzo al pubblico: 70 euro
Delicato ed elegante, ma anche energico e avvolgente, dotato di un’espressività fuori dal comune: l’Extra Brut Rosé di Maso Martis è un vero e proprio elogio al Pinot Nero. Eleganza (data anche dai sui 5 gr/l di residuo) respira di sottobosco alpino in rosa. Il sorso è come cogliere un lampone selvatico e assaporarlo all’ombra del bosco, magari subito dopo un temporale estivo. E’ un viaggio sensoriale nella matrice territoriale trentina con una divagazione più mediterranea fatta di agrume e spezie, di mineralità gessosa e una sapidità che asciuga e accarezza. C’è l’imprinting lievitato, ma educato e fine, c’è quella carezzevole effervescenza del perlage, che si allunga e chiude in una dolce-amara nota amaricante. C’è un bacio che rinfresca ed emoziona. Un piccolo grande capolavoro dell’enologia italiana!
Prezzo al pubblico: 40 euro