C’è chi non ha voluto fermarsi all’esistente per provare a parlare con una lingua enoica nuova e a suo modo efficacemente provocatoria. C’è chi, seppur a Nord della via Emilia, spartiacque o meglio “spartivino” più narrativo che insormontabile, ha voluto osare regalando quei fragranti e croccanti sorsi d’Albana che non ti aspetti nati in quel di Dozza. Parliamo di Branchini 1858. Azienda di Toscanella (Bo), accarezzata dall’autostrada a sud e abbracciata dalla vastità della pianura di sabbia, argilla e limo a poca distanza dalla collina a nord. Siamo in Romagna, precisamente proprio sul confine di quel trattino che amministrativamente unisce i cugini emiliani. Terra di contaminazione storica, culturale ed enogastronomica. Qui il vino da sempre doveva essere effervescente. Lo imponeva la cultura in tavola e lo determinava il gusto. Soprattutto sui vini bianchi.
Da questa necessità nasce la virtù, e si chiama Metodo Classico d’Albana.
Dare quindi un’interpretazione personale all’Albana è stata ed è la scommessa che la famiglia Branchini, in palese controtendenza con l’imperativo enologico agli albori del XXI secolo, ha voluto provare. E a ragion veduta, oggi, possiamo dire che l’abbia vinta. Del resto l’anagrafica parla chiaro. Branchini oggi è guidata da Marco e Angelo, quarta generazione di artigiani della terra e della vigna che da 166 anni portano avanti un racconto in calice che parla di valorizzazione della tipicità del territorio attraverso il carattere dei propri vini, che dal 2011 realizza Metodo Classico da Albana 100%. Potremmo dire la prima in senso assoluto. Oggi questa storica cantina può contare su un’estensione di 100 ettari interamente coltivati a vigneto e seminativo. Le vigne coprono circa un quarto dell’estensione aziendale con cinque ettari di Albana, quattro ettari di Sangiovese, cinque ettari di Pignoletto e il restante dedicato a Trebbiano, Chardonnay, Sauvignon, Merlot e Cabernet Sauvignon.
All’interno della produzione territoriale c’è quella relativa al Romagna Sangiovese Doc e soprattutto al Romagna Albana Docg. Ed è su quest’ultima che vogliamo soffermarci. Perché di una cosa siamo certi: Branchini è stato uno dei primi, se non veramente il primo alfiere che abbia osato raccontare l’identità di questo vitigno in modo “nuovo”. Il tutto presentandolo nella sua veste forse più elegante, contemporanea e capace di parlare una lingua intergenerazionale. I suoi Metodo Classico, di fatto, sono millesimati, praticamente anche dei Cru… Figli di ogni annata e sorsi autentici di quella vendemmia e potremmo aggiungere di quella vigna! Non lo rivendica in etichetta ma la sostanza non cambia, e ne amplifica il valore aggiunto.
Nella croccantezza e cremosità Branchini ha evidenziato l’anima stessa del vitigno. Essenza vibrante d’acidità, potente di struttura, suadente d’alcolicità che si veste di una memoria estetica del vero, in senso assoluto, che si fa verbo e sorso nello scorrere del tempo.
Della serie l’eleganza in Oro di Yves Saint Laurent fatta vino.
Assaggiando questa interpretazione dell’ultima annata, la 2022 di fatto l’hanno finita, appare ancora una personalità e un corpo che si deve riequilibrare nelle sue sfaccettature. Ma l’imprinting è quello che ormai da oltre una decade Branchini persegue: far emergere il carattere territoriale dell’Albana attraverso un sorso più snello, con freschezza e bevibilità da tutto pasto, mantenendo in fieri frutto e florealità. C’è freschezza intima che si copre le spalle con un profilo molto aromatico, che spazia dai frutti gialli a quelli più tropicali con frecciate di vegetalità di erbe aromatiche fresche. E’ comunque un vino scorrevolmente pieno e in fase di smussatura di alcune disarmonie ancora presenti ma molto molto identitario. Bisogna aspettare ancora qualche mese per poterlo avere nella sua veste “definitiva” ma è un sorso appagante e vero.
Prezzo al pubblico circa 8 euro.
E’ la storica firma champenoise di Branchini. Un fuoriclasse indiscusso del remuage artigianale in cui spicca un perlage vivace, fine e persistente. Il respiro è delicatezza di un campo di fiori in primavera in cui la vegetalità spicca sul frutto e sulla signature fragrante di panificazione. Un brio e una freschezza che al sorso si rafforza grazie a quel tocco di sapidità che aumenta di complessità sul finale grazie a quella nota delicata e puntale di amaricante non tostato. Un sorso vero e suadente che polverizza i preconcetti moderni della vinificazione di questa regina di Romagna. Un vino brioso ma anche serio, conviviale e gastronomico, passionale e divertente.
Prezzo al pubblico 15 euro.
Settantadue mesi di riposo e attesa. Non sono pochi. Lo abbiamo scritto sopra, Branchini è stato il primo viticoltore che abbia osato superare le trincee del passato per proiettare il corso della regina di Romagna nel XXI secolo. Abbiamo avuto la fortuna di assaggiare, in anteprima, il suo settantadue mesi. Qui freschezza, complessità e identità si vestono di una fine silhouette croccante, vegetal-mediterranea e tagliente. Un sorso elegante, questo 2016, da provare per capire come le barriere debbano, sempre, essere abbattute!
Questo assaggio è veramente una frecciata al cuore. C’è una carezzevole sensualità. C’è il vitigno che non si nasconde dietro le tradizionali e scontate velature eleganti del metodo champenoise. Qui, e parliamo della vendemmia 2016 con sboccatura nell’ottobre 2023, la cantina ha voluto portare alla massima espressione, ma potrebbero esserci sorprese se il riposo sui lieviti potesse venir ampliato ancora, l’identità dell’Albana in effervescenza. Un perlage finissimo e croccante si staglia nel respiro che parte da un campo fiorito in tarda primavera e arriva all’agrumeto fronte mare. C’è mineralità e raffinatezza nelle sferzate iodate e mediterranee. C’è anche un tocco fruttato ancora vivo d’albicocca e pera. Sorso che ammalia. Emozione cremosa, fresca ed elegantissima. Una finezza equilibrata di panificazione in crosta, che sfocia in foglie d’ortica e macchia aromatica verde e pungente.
Se con il Metodo Classico Brut, Branchini ha fatto fare un salto inedito di qualità all’Albana, con questo settantadue mesi ne fa un altro ma più stilistico e sostanziale che di “sola” rottura concettuale.
Un sorso che fotografa in modo nitido e incontestabile come le idee siano chiarissime per questi vignaioli che non si siedono nel presente per invece cavalcare e domare il domani.
Prezzo al pubblico 25 euro.