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Anteprima Brunello 2017 e Riserva 2016: il Rosso regale italiano

In pieno periodo Covid c’è ancora voglia di vivere il cosiddetto Stupor mundi. Stiamo parlando dei sorsi che abbiamo avuto la fortuna di testare. Durante l’anteprima del Brunello di Montalcino sono state presentate le annate 2017, e le Riserva 2016 (oltre a queste erano in degustazione i Rosso di Montalcino e le denominazioni Sant’Antimo e Moscadello). I sorsi sono stati stupore perché in relazione all’annata, non certo entusiasmante per i vignaioli dal punto di vista dell’andamento climatico, soprattutto in relazione alle temperature (tendenzialmente alte con anche bolle di calore in estate) e alle precipitazioni (scarse), ci si aspettava di sorseggiare estrazione, sedentarietà e cottura. Invece no! Stupor mundi, appunto. L’annata imbottigliata nel 2017 si è riversata nei calici con una tensione di sorso inedita e inaspettata. A suo modo elegante, autentica e veritiera. Strutture di frutto snelle ma croccanti, sorrette da una presente e viva acidità, da una tensione fiera del sorso, in alcuni casi è stata proprio una frecciata, in cui il dna, fatto da quelle note terziarie o comunque identitarie del Brunello (ematicità, mineralità, balsamicità), hanno scombussolato le attese, che diciamo la verità erano al ribasso. Chapeau, quindi. Un’annata, tutto sommato, da 4 stelle ma che secondo noi dovrebbe poter ottenere anche una mezza stella in più, proprio per questa sua inedita capacità di stupire… ma non si può, e vabbè… noi gliela diamo comunque…
I motivi però non vengono dal caso. Dare a Cesare, o meglio alle cantine montalcinesi, quello che è delle cantine montalcinesi, non guasta. Saper ammortizzare un’annata “difficile” e trasformarla in sorsi emotivi, emozionanti e soprattutto rispettosi di un terroir fatto di conoscenza (sempre maggiore), rispetto (in tutte la fasi di produzione) ed emotività, è il valore aggiunto che ormai la “Ferrari del vino italico”  dovrebbe aver abbondantemente dimostrato. Tecniche e conoscenze agronomico-colturali, consapevolezze e accortezze scientifiche nella gestione della vigna e della cantina stanno facendo fare, ulteriormente, un salto di qualità e di certificazione di tale professionalità ormai “collettiva” e trasversale.
Per noi l’annata 2017 difficilmente, nei suoi 119 testimoni presenti in degustazione (a questi vanno però aggiunte anche le quarantina di cru di vigna), scende sotto i 90 punti. Proprio per come sono stati racchiusi nell’abbraccio vitreo queste interpretazioni di annata non facile, non riconoscerne la qualità complessiva, è da “pelisti nell’uovo”. L’imperativo nel 2021, anche in funzione di una pandemia che a Montalcino ha comunque colpito meno di altre zone vitivinicole (in termini di vendite), è quello di riuscire a piazzare questi testimoni di un artigianato enoico. Ebbene, il 2017, ancor di più del 2016 (annata da 5 stelle) è un vino assolutamente pronto, da gustare a tavola e quindi gastronomicamente il compagno ideale. Del resto il vino, tranne qualche sparuto caso, è fatto per essere goduto, bevuto, amato… non venerato. Il 2017 è così un vino didattico, nelle sue essenze organolettiche, pronto, nella sua dimensione di sorso, e immediato, nella riconoscibilità. La scommessa eventuale sarà la durata…
Tra i tanti abbiamo però voluto segnalare alcuni sorsi che per noi hanno caratterizzato una super batteria per un alfiere indiscusso del bere (super) bene italico.

ANNATA 2017
Siamo soliti, per gioco, equiparare vini a grandi capolavori dell’arte. Questa volta però faremo una deviazione che dalla tela si sposta allo spartito. Per quanto concerne l’annata 2017 il podio è similare per emozione, carisma e personalità alle suggestioni Blues rock e psichedeliche dei Cream.
1) Innocenti: si presenta con la ritmica virtuosa, calda e ammaliante di Eric Clapton. Potente ma armonico. Un rosso ambrato anticipa le note olfattive di frutto (agrume rosso, chinotto) con quelle più ritmiche delle erbe, non mancano tocchi floreali che incantano per la loro vitalità. Calzante e progressiva speziatura che si concretizza al sorso con un’entrata armonica, vibrante, lunga. Tannino presente ma assolutamente addomesticato, spicca la nota di chinotto, di pepe con la giusta nota ematica. Molto profondo rimane comunque fragrante e tagliente. Un sorso entusiasmante, gastronomico, vivo e contemporaneamente morbido.

2) Celestino Pecci: sulle scale di Jack Bruce. Si presenta di un rosso granato vivo. Al naso la progressiva crescita virtuosista di frutta rossa e florealità si alterna a speziatura e mineralità. Al sorso, teso e lineare in ingresso, è una scala in crescita di ritmiche ematiche, di liquirizia, di cappero che si dosano perfettamente con i richiami di frutto rosso maturo ma non cotto. Molto particolari e dissetanti le note balsamiche. Un tannino accordato lascia la bocca piena e appagata, oltre che molto lunga.

3) Patrizia Cencioni: siamo sul rullante e i tom-tom di Ginger Backer. Il rosso granato è ancora pieno e vivo. Il naso pieno ma balsamico, denota su tutti sentori di piccola frutta rossa, di bacca, matura e succosa. La bocca è tesa, tagliente ma piena. E’ ritmo di frutta matura, ciliegia, prugna, ma non cotta. C’è nota verde di pepe ma appena accennato, il tutto incorniciato da un tannino fermo ma morbido. Vino da grande bevuta a tavola e in assolo.

RISERVA 2016
Qui più che un podio abbiamo una sorta di Fab Four. Per questo i nostri Beatles per le Riserva 2016 sono:
1) Fattoria dei Barbi: il John Lennon d’annata. Poetica allo stato puro. Si parte da un granato autentico, naso di frutto e terra, di fiore in appassimento ma ancora fragrante, note terziarie di tabacco, di cuoio e spezia pepata. Un naso netto, autentico, evocativo. Al sorso è armonia ma al contempo nettezza di sentori. Lirico al punto giusto con ematicità, mineralità, frutto e con un tannino delicato e setoso.

2) Palazzo: siamo sulle corde di Paul McCartney. Frutto, evoluzione, particolare armonia tra vegetale e terziario. Si parte da un rosso granato ancora acceso e vivo che al naso sprigiona note molto fruttate di tinta rossa, c’è florealità che echeggia con richiami alla rosa canina, all’anice stellato, alla buccia di arancia e al tamarindo. Il sorso è complesso, lungo, armonioso tra tensione di sorso e tannicità. Entra teso e si allarga su note di erbe aromatiche e frutto lasciando un finale lungo di pepe.

3) Sesti: il George Harrison solista. Un vino che sposa la tensione aristocratica della complessità organolettica del Brunello con la tradizione più autentica dell’immaginario territoriale. Un rosso granato intenso che anticipa un naso complesso, ampio in cui note aranciate, chinate e di chinotto si appoggiano su un substrato fresco di legnosità. La bocca è stupefacente e i tannini armoniosi non disturbano. Un assolo di frutto, di balsamicità, riscontrata ancora da un tannino pressante, molto lunga ed entusiasmante.

4) Villa Le Prata: chiudiamo con la ritmica di Ringo Starr. Questo vino parte subito vibrante con un rosso ancora acceso per passare a un naso pieno, di frutto, di fiore in battute di speziature delicate ma vive. Il sorso entra pieno, croccante con sorsi che spaziano dal Durone di Vignola all’amarena passando per florealità rosse e radice di liquirizia. Fresca la balsamicità che chiude con un’eleganza e una lunghezza infinita.

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